La logica del cavallo di Troia. Ovvero perché le tecnologie non sembrano quello che sono.
La tecnologia ha due anime: la prima è l’anima di mercato, ovvero esigenze commerciali, la seconda è l’anima sociale
Immaginiamo una situazione del genere. Un venditore porta a porta suona al nostro campanello e ci propone un computer tascabile con cui è possibile scrivere, fare i conti, navigare in rete e usare il suo piccolo schermo portatile per le attività più diverse, tra cui giocare. Il prezzo è quello di un laptop entry level e il nostro venditore ci illustra anche tutta una serie di caratteristiche hardware e software di cui non capiamo molto: processore così e cosà, RAM così e cosà, connessione internet, eccetera. Non siamo interessati nonostante il sorriso a 32 denti del piazzista del digitale, il piccolo aggeggio ci sembra una replica di altri strumenti tecnologici che abbiamo in casa come il computer oppure la consolle di videogame. Ringraziamo educatamente il piazzista e altrettanto educatamente mostriamo il nostro disinteresse verso il suo strabiliante dispositivo tecnologico.
Peccato che è il 1999 e il venditore porta a porta ci stava proponendo l’acquisto di una tecnologia che sta nelle tasche di ognuno di noi stabilmente da circa 20 anni: uno smartphone.
La domanda a questo punto diventa: perché un sofisticato computer portatile come lo smartphone ha dovuto prendere le sembianze di un telefono per diventare improvvisamente interessante ed appetibile? Detta in forma più generale: perché spesso le tecnologie non sembrano quello che sono?
Ovviamente non c’è una risposta univoca a questa domanda. Ma da ormai molto tempo gli studi sociali applicati alla tecnologia – sociologia e antropologia in particolare – hanno rivelato alcune delle leggi che guidano il rapporto fra società e dispositivi tecnici. Cominciamo subito a dire che la tecnologia ha essenzialmente due anime: la prima è l’anima di mercato, ovvero esigenze commerciali, la seconda è l’anima sociale, risposta a bisogni sociali che via via stanno prendendo forma nella società. Facciamo un esempio. Una delle tecnologie innovative meglio studiate dalle scienze sociali è stata la bicicletta. Perché la bicicletta del periodo vittoriano si presentava con una ruota anteriore più grande – detta all’epoca ordinary bicycle – e poi è diventata la bicicletta che adesso conosciamo? Per tutta una serie di motivi – e di pressioni sociali dovuti a quelli che in letteratura si chiamano “gruppi sociali pertinenti” – che possiamo ricondurre ai due aspetti precedenti.
L’anima di mercato è rappresentata dai costruttori dei primi bicicli: la produzione di un mezzo di trasporto con ruote della stessa dimensione era più veloce ed economica di un mezzo di trasporto con ruote di grandezza diversa. L’anima sociale è rappresentata dall’Inghilterra del XIX secolo: una società dinamica che aveva voglia di velocità e movimento anche nel trasporto individuale, ma qualcosa che non turbasse la quiete pubblica, come le pericolose ordinary bicycle che spesso provocavano incidenti coinvolgendo anche i pedoni, e che fosse un mezzo che potesse essere usato anche dalle signorine della buona società inglese, che alla ricerca di una legittimazione sociale volevano anch’essere usare questi ritrovati della tecnica, senza essere costrette alla poco elegante posizione delle biciclette del periodo. Nasceva così la safety bicycle – nomen omen – che coniugava le esigenze dei produttori e delle nuove classi borghesi del XIX secolo.
Buonasera; sarebbe interessato all’acquisto di un sistema domestico di intelligenza artificiale?
Il percorso quasi casuale della bicicletta vittoriana, è diventata oggi l’accurata pianificazione del mercato delle tecnologie. Tanto che è facile vedere oggi perché gli artefatti innovativi hanno la forma di rassicuranti dispositivi che entrano nelle nostre vite per venirci incontro e per aiutarci nelle nostre faccende, ma che in realtà stanno introducendo una mutazione antropologica che diverrà sostanziale. La moderna città di Troia è lo spazio domestico, il cavallo di Ulisse sono i dispositivi pensati per l’home automation, dai più conosciuta con il nome di domotica. Per esempio gli smart speaker. Poco importa se si chiamano Amazon Echo (da tutti conosciuto con il nome di Alexa) o Google Home, hanno tutti la stessa rassicurante forma di un altoparlante che a domanda risponde. Lo compri per curiosità durante un Black Friday o a Natale per metterlo in salotto e magari cominciare a riprodurre musica. Poi lo usi per quelle piccole noiose ricerche che di solito fai col telefonino – Che tempo fa? Com’è il traffico in città? A un certo punto compri una serie di spine “intelligenti” da collegare all’impianto elettrico. Alla fine ti ritrovi una casa a controllo vocale che potrebbe competere con la plancia di Star Trek.
Stesso discorso per i robot domestici. Si presentano come aspirapolvere automatici che non devi passare costantemente sul pavimento, fanno tutto loro. Li compri per curiosità o per colpa della tua pigrizia, magari perché hai un animale domestico che perde peli. Si collegano con una app sul telefonino così che puoi fare qualche piccolo esperimento di mappatura della casa. Anche qui piano piano prepari lo spazio domestico ad un robot vero e proprio che avrà piccole funzioni così come quelli che vediamo nelle corsie di alcuni ospedali ma che fra qualche anno saranno alla portata di tutti (almeno durante il periodo dei saldi tecnologici).
Abbiamo la città di Troia, lo spazio domestico, abbiamo il cavallo di Ulisse, gli elettrodomestici nuovi o “intelligenti”, ma gli achei dove sono? Cosa portano nel loro ventre queste tecnologie finto-contemporanee ma in realtà avveniristiche? C’è chi la chiama data intelligence, c’è chi la chiama machine learning, ma sono tutti nomi nuovi di una vecchia conoscenza: l’intelligenza artificiale. Siamo testimoni di un processo di colonizzazione delle nostre case dall’intelligenza artificiale, non da parte di antropomorfi Terminator, ma nella forma di rassicuranti elettrodomestici, peluche multimediali, altoparlanti interattivi. Non importa la loro forma, sono tutti prodotti che hanno bisogno di interagire con gli uomini per potersi migliorare e perfezionare. Un po’ come hanno fatto gli assistenti vocali come Siri (Apple), Google Now, Cortana (Microsoft), Bixby (Samsung), interfacce vocali che nascondono sofisticati sistemi di intelligenza artificiale che stanno imparando ad interagire con noi. Suonano alla porta: vediamo chi è. “Buonasera; sarebbe interessato all’acquisto di un sistema domestico di intelligenza artificiale?”