Marco Romano Conoscere, comprendere, applicare.
… Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.
Sono le parole – indelebili nella memoria, tanto quanto il suo slancio – del Professore John Keating nel film L’attimo fuggente del 1989. Oggi come allora. Le abbiamo riportate in questo incipit perché crediamo fermamente che ci siano delle analogie tra l’amato Robin Williams e Marco Romano, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, docente dei corsi di “Economia e gestione delle imprese”, “Logistica Distributiva e Omnicanalità”, “Digital Innovation e Transformation Management” e componente del Collegio dei Docenti del Ph. D. Programme in “Economics, Management and Decision Making”, presso il Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università degli Studi di Catania. Lo abbiamo intervistato per conoscere il suo pensiero sul mondo della trasformazione digitale, su ciò che avverrà nel prossimo futuro e per capire soprattutto come i giovani, tra carriere universitarie e sogni nel cassetto, debbano approcciarsi al cambiamento epocale che stiamo vivendo.
Partiamo dal tema cruciale dell’economia mondiale messa a durissima prova dall’epidemia da Covid-19. I cenni di ripresa, comunque, sono già evidenti, il conseguente processo rapido e improvviso di digitalizzazione globale potrà giocare un ruolo decisivo in questo senso?
I grandi obiettivi che sono stati definiti dalla politica di coesione 2021-2027 della Comunità Europea ruotano intorno al concetto di un benessere equo e sostenibile che, facendo leva sull’impiego di nuove tecnologie disponibili, consenta un miglioramento della qualità del lavoro, rispettando il territorio e le risorse naturali, stimolando la coesione economica e sociale. Tuttavia, l’economia mondiale ha registrato, anche e soprattutto a causa dell’epidemia da Covid-19, cambiamenti senza precedenti e risulta molto difficile dire in che modo gli eventi di questi due anni plasmeranno gli scenari futuri. Per intenderci, si assiste alla costruzione di una “super-smart society” fatta di veicoli che si guidano da soli grazie ai big data, la sensoristica e l’intelligenza artificiale, smart cities, turismo digitalizzato, fintech, domotica, cybersicurezza, 5G, data analytics e deep learning anche per gli open data e la digital healthcare. Tutte le previsioni sottolineano la sempre maggior permeabilità del digitale nella vita di tutti i giorni. La ricerca scientifica su cui molte aziende stanno investendo negli ultimi anni è stata una grande generatrice di fattori di cambiamento. Lo sviluppo tecnologico che essa produce è stato trainato soprattutto dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT, Information and Communications Technology), oggi ulteriormente completate dallo sviluppo di tecnologie di connessione in rete.
Ed è proprio sull’onda di questo sviluppo tecnologico che diversi settori manifatturieri e di servizi si sono notevolmente sviluppati negli ultimi anni, soppiantando vecchi modelli produttivi ed organizzativi. L’accelerazione del processo di digitalizzazione si manifesta sotto molteplici forme, com’è stato sottolineato anche dall’OCSE. Le attività economiche sono sempre più knowledge intensive e si riflettono sull’istruzione, soprattutto quella terziaria, che deve puntare sui giovani con competenze e capacità adeguate, non solo digitali, per potenziare il capitale umano nei mercati caratterizzati dalla diffusione di innovazioni connessa ai Digital Ecosystems, all’Industria 4.0/5.0, al Digital Customer Journey, all’Artificial Intelligence, all’Advanced Analytics, all’Intelligent Process Automation (IPA), al Business Process Outsourcing, al Lean Process Redesign. Nell’economia digitale i cambiamenti sono pervasivi e generano un impatto determinante sulla natura delle capacità tecnicoprofessionali richieste, anche rispetto alle competenze a minore rischio di sostituzione; al tempo stesso, nascono professioni totalmente nuove e difficilmente riferibili alle funzioni preesistenti, spesso non più in grado di cogliere le sfide competitive dei mercati attuali.
Quali settori e imprese maggiormente rispetto ad altri potranno guidare questa risalita? Cosa bisogna aspettarsi dall’immediato futuro?
Il nuovo paradigma economico da seguire emerge dalla consapevolezza dell’interazione sempre più forte tra dinamiche sociali e tecnologia. Uno dei maggiori cambiamenti si noterà principalmente nell’organizzazione del sistema del valore, compresa la dislocazione fisica delle attività produttive. La produzione su misura e l’economia circolare innescheranno una completa ridefinizione del futuro modo di produrre, con la contemporanea ricerca dell’ottimizzazione dell’uso delle risorse, creando ecosistemi più sostenibili. L’equilibrio tra mansioni ad alto valore aggiunto, eseguite prevalentemente da esseri umani, e mansioni ripetitive, eseguite da macchine interconnesse e ad alta velocità, precisione e sicurezza, spingerà ad un incremento della selezione, in quantità e qualità, dei lavori manifatturieri e dei relativi servizi con un innalzamento delle competenze richieste.
È difficile individuare quali settori e imprese potranno guidare questa risalita, tuttavia, è indispensabile investire in modelli di business evoluti in grado di affrontare le sfide del cambiamento reale. Il costituito distretto produttivo “Sicilia 5.0”, di cui sono il promotore, si configura come un sistema produttivo, caratterizzato da oltre un centinaio di imprese ad elevato contenuto tecnologico, prevalentemente di piccola e media dimensione e dalla specializzazione produttiva che contraddistinguono i settori dell’economia digitale. Le soluzioni tecnologiche offerte sono tanto pervasive quanto trasversali tra i partecipanti che si collocano all’interno del cluster tecnologico, quali imprese specializzate nei prodotti e servizi dell’economia digitale che, allo stesso tempo, rivolgono la loro attività secondo una logica di filiera a clienti (privati e pubblici) nei seguenti settori enduser: Agrifood, Formazione e produzione di conoscenza, Health, Servizi consulenziali, Safe & security, Mobility, Turismo e Cultura.
Qual è il modello digitale e più evoluto, tra i paesi europei o mondiali, da prendere come esempio?
Tutti gli stati membri dell’Unione Europea spingono e favoriscono il processo di digitalizzazione tramite le iniziative di agevolazioni fiscali. Se nei primi anni queste riguardavano più strettamente la trasformazione degli asset produttivi, oggi si estendono al software in modo più allargato, come successo in Italia col passaggio al Piano Nazionale Transizione 4.0. In Europa, dunque, si afferma l’Industria 5.0 nel segno della continuità nei confronti della transizione iniziata con Industria 4.0. La crisi nata dal Covid-19 ha evidenziato la necessità di riformulare la “quinta rivoluzione industriale” intervenendo sul mercato del lavoro, sottolineando le dimensioni di vulnerabilità del sistema produttivo e la necessità di offrire flessibilità, elasticità e produttività in condizioni di sostenibilità economico-finanziaria.
Allo stesso tempo, si impone il tema sul ruolo dell’industria moderna nella Società 5.0, dell’impatto ambientale (Green Deal), della sostenibilità sociale del processo di trasformazione del lavoro e dei lavoratori, conseguenza delle tecnologie emergenti. Le categorie tecnologiche individuate dall’Unione Europea come trainanti per l’Industria 5.0 sono in piena continuità con il paradigma dell’Industria 4.0: interazione individualizzata tra uomo e macchina, tecnologie di ispirazione biologica, digital twins e simulazione dei sistemi, piattaforme di flusso ed analisi dati, intelligenza artificiale ed efficienza energetica.
Cosa sta determinando la trasformazione digitale in Italia?
In Italia il mercato digitale cresce e continua a migliorare la qualità della domanda grazie alla spinta delle componenti più innovative. Quelli che sono definiti come “digital enabler”, ossia le tecnologie abilitanti, soprattutto il Cloud, l’IoT e il Mobile, crescono a tassi dieci volte superiori a tutto il resto. È un trend in ascesa che si trasmette all’intero mercato, non solo al software e ai servizi. Nonostante in alcuni ambiti il passo è un po’ più lento, oramai tutti i settori continuano a investire in digitale. Non è più solo fattore di efficienza, ma è leva strategica per innovare prodotti, servizi, modelli di business e adeguarsi con risposte pronte e rapide rispetto ai mutevoli bisogni del mercato. La trasformazione digitale ha determinato una democratizzazione dell’accesso alla tecnologia. Cresce costantemente il numero di aziende e di istituzioni pubbliche, di piccole e medie dimensioni, che fruisce di tecnologie innovative ed emergenti per migliorare la produttività dei processi interni e il livello di competitività sul mercato di riferimento. Le aziende italiane preferiscono rivolgere i propri investimenti da un ICT più tradizionale e focalizzato solamente sul mantenimento dell’infrastruttura verso soluzioni e tecnologie innovative a supporto dei progetti di trasformazione digitale. Tra i mercati che crescono maggiormente in Italia troviamo le soluzioni e le tecnologie collegate ai dati. Le regioni italiane a maggior trazione digitale sono la Lombardia e il Lazio. Nel 2018, la spesa digitale sostenuta complessivamente da aziende e consumatori in queste due regioni, è stata pari al 41,1% del mercato complessivo, comunque guidato dalla Lombardia (24,6%). Seguono, con un impegno di spesa decisamente inferiore, altre regioni del Nord Italia, Piemonte e Veneto.
A livello di macroarea geografica, quindi, le regioni del Nord Ovest e del Centro costituiscono circa il 68% del mercato digitale italiano. Considerando, la macroarea del Sud del Paese, la Sicilia ricopre un ruolo di prim’ordine. Nel Sud le regioni su cui si polarizza la maggior parte della spesa digitale sono infatti Campania e Puglia che, con la Sicilia, rappresentano le regioni che hanno programmato gli investimenti più ingenti in ambito ricerca, innovazione e sviluppo ICT associati ai Fondi UE. Quella della diffusione delle competenze digitali risulta una delle sfide più ardue dell’intero territorio italiano. E anche dell’isola, bisogna ancora lavorare molto per la promozione di una cultura e la creazione di skills che rendano sostenibile il nuovo ecosistema digitale. Difatti, la Sicilia, insieme ad altre regioni del Sud, si posiziona proprio come fanalino di coda sotto questo aspetto (European Commission, 2020). In particolare, emerge con riferimento all’anno 2019 che la Sicilia è ultima su 4 indicatori, quali competenze digitali di base (29,1%), competenze superiori al livello base (13,6%), competenze in ambito software (33%), e popolazione laureata (14,2%); sul fronte della formazione aziendale, secondo i dati del censimento delle imprese siciliane elaborati dall’Istat per l’anno 2018, emerge che sono 2677 le imprese con almeno 10 addetti (circa il 30% del totale) che svolgono attività di formazione non obbligatoria indirizzata ai neo-assunti o alla formazione continua del personale interno. Di queste, circa l’87% ricorre alla formazione interna. I numeri parlano chiaro!
A tuo avviso, la programmazione, distribuzione e utilizzo dei fondi comunitari possono essere gestiti in modo differente, partendo dall’assunto che molti di questi vengono dispersi inopinatamente?
Assolutamente sì. Nella prospettiva Industria 5.0 bisogna investire sulla competitività del territorio per cercare di intervenire sul gap rispetto al contesto nazionale e globale puntando sulla conoscenza e sulle competenze professionali delle risorse umane, assenti o non adeguatamente valorizzate, soprattutto nella pubblica amministrazione. Inoltre, la competitività delle singole imprese e del tessuto imprenditoriale di un territorio nel suo complesso dipende anche dall’attenzione che queste prestano ai temi della responsabilità sociale nei confronti della comunità di riferimento e, quindi, della legalità quotidianamente praticata.
Quali sono gli orizzonti che intravedi?
Orizzonti incerti ad ogni livello territoriale, risorse scarse e capacità limitate per costruire scenari favorevoli allo sviluppo sostenibile, punterei sulle risorse umane che alle competenze affiancano grande rigore ed illimitata passione.
Veniamo agli aspetti personali, quanto ha influenzato lo sport – in particolare la pallacanestro – nella tua vita?
Il mio primo allenatore di minibasket ha svolto un grande ruolo nel mio percorso di crescita personale, ricordo gli insegnamenti in campo ed il suo stile di gioco quale modello indelebile. Il mio sogno ricorrente è un “passaggio baseball” sincronizzato, millimetrico per una schiacciata a canestro, d’altronde ho sempre preferito servire i compagni con passaggi smarcanti valorizzando sempre chi è più bravo di me!
E se non avessi fatto il docente? Quale sarebbe stata la tua scelta?
Il poliziotto, per aiutare i più deboli. È scritto anche sul mio quaderno di scuola elementare.
Qual è l’insegnamento più importante che hai ricevuto dai tuoi genitori e dalla vita in generale?
La dignità e libertà sopra ogni cosa, anche il rigore, l’impegno, l’umiltà e la riconoscenza verso il prossimo. La vita è costellata da innumerevoli sofferenze che ci rendono migliori, almeno spero che sia così, nonostante tutto, intorno a noi c’è tanta umanità da coltivare e felicità da ricercare, oggi lo sintetizzo con #solocosebelle.
Se fossi un neolaureato e dovessi fare un colloquio, quale sarebbe lo spirito con cui ti approcceresti e come ti presenteresti?
Il mantra è
“conoscere, comprendere, applicare” con “rigore e passione”,
quindi, raccoglierei tutte le informazioni disponibili nei reports, sul web e nelle communities, ascolterei con attenzione e mi domanderei cosa posso offrire considerando le conoscenze acquisite e le esperienze fatte (tante!) in una battuta: Buongiorno, sono il sig. “Wolf”, risolvo problemi!