Binge watching vs fuga dalla noia.
Sensationseekers, letteralmente cercatori di emozioni
In cosa consiste il binge watching?
Si chiama binge watching e corrisponde alla pratica di guardare programmi televisivi o serie tv in maniera compulsiva, compiendo una vera e propria abbuffata. Tale fenomeno insorge a partire dal 2013, anno in cui nasce Netflix e successivamente altre nuove piattaforme di distribuzione tra cui Amazon Prime Video e Disney Plus. Il neologismo “binge” era già associato a problematiche come il Binge Eating Disorder (BED), detto anche disturbo da alimentazione incontrollata dove avviene un’eccessiva e disfunzionale assunzione di cibo che sfocia in ricorrenti abbuffate. Allo stesso modo i binge watchers assumono pratiche comportamentali come prendere visione di molteplici episodi di programmi televisivi in una rapida successione. In psicoterapia, l’area patologica di tale pratica si misura attraverso la durata e la quantità dell’esposizione a tali contenuti e soprattutto attraverso strumenti clinici che permettono di valutare la comorbilità con eventuali altri disturbi e analizzare e accogliere il vissuto del paziente.
Quali sono le principali motivazioni alla base di tale fenomeno?
Tra le motivazioni che inducono al binge watching, diversi studi hanno individuato: impiegare il tempo libero, cercare informazioni, evadere dalla realtà, rilassarsi e migliorare il proprio status sociale. I risultati di alcune indagini in campo psicosociale evidenziano inoltre una correlazione tra “sensationseeking” e binge watching.
Cosa significa “sensationseeking”?
Si fa riferimento a un tratto di personalità associato alla continua ricerca di sensazioni nuove e intense. I sensationseekers, letteralmente cercatori di emozioni, sono quelle personalità che non tollerano la noia e di conseguenza evitano attività che potrebbero risultare prevedibili o a loro giudizio poco stimolanti. Secondo questo filone di ricerca è probabile che “i cercatori di emozioni” siano attratti dal binge watching perché cercano di evitare la noia e le restrizioni create dalla visione della TV convenzionale. Sarebbe quindi la spinta al divertimento/intrattenimento a interagire positivamente con il binge watching behavior.
Scegliere la via dell’auto-consapevolezza. Una volta contestualizzata la problematica discussa è utile fare qualche considerazione intorno ai nostri comportamenti, chiedendosi, ad esempio, quante ore passiamo nell’utilizzo di questi canali, riflettere sulla qualità dei contenuti, valutare e selezionare le informazioni realmente coerenti con i nostri interessi. Può essere importante, inoltre, riflettere sui nostri consumi e prendere in considerazione l’impatto che i contenuti streaming visionati hanno avuto sul nostro stile di vita.
Dare voce e agire, questo è il primo passo da intraprendere per uscire fuori dal guscio
Quali possono essere i campanelli d’allarme?
Non è mia prassi generalizzare gli effetti di un fenomeno prima sociale e poi psicologico/ individuale. In tal senso, preferisco condividere con i lettori ciò che ho riscontrato nella mia pratica clinica con i pazienti che hanno scelto di intraprendere con me un percorso di psicoterapia. Ciò che ho maggiormente riscontrato è sintomatologia comune che riguarda questa area di lavoro connessa a: isolamento, disturbi del sonno, dell’alimentazione e difficoltà nei rapporti sociali.
Laddove la persona si trovi di fronte a questi segnali il consiglio è quello di richiedere un supporto qualificato rivolgendosi ad uno psicoterapeuta che possa trattare il disagio riscontrato. Il sito dell’Ordine degli Psicologi di ogni regione può aiutare ad orientarsi nella ricerca del professionista. Esistono inoltre siti specifici legati al settore che forniscono i contatti e i curricula di professionisti della salute psicologica.
“Dare voce e agire”, questo è il primo passo da intraprendere per uscire fuori dal guscio (non necessariamente patologico) della continua fuga dalla noia e utilizzare le piattaforme già citate in maniera sana e utile.